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Bonver Design: sperimentazione e libertà da ogni preconcetto

11 Febbraio 2020

Bonver Design: sperimentazione e libertà da ogni preconcetto

Ci si interroga su cosa sia il design, il suo significato, il ruolo determinate sulla questione ambientale. Si pensa a una nuova rivoluzione strizzando l’occhio al passato e quando forma e funzione litigano, la nuova tipologia gode. Quando ci si accorge che tutto è stato ormai inventato, si guarda oltre rinnegando quasi l’oggetto. Fate largo al pensiero. Il dibattito di chi ne sa di più, tanto articolato quanto sterile che sembra ignorare le regole del mercato per filosofeggiare tra le mura di salotti. Durante la scorsa Fall Design Week Funkdesign.it ha incontrato Beatrice Verga e Riccardo Stefano Bonetti di Bonver Design. Mossi da passione hanno deciso di fare, di porsi obiettivi senza i condizionamenti di un sistema in cerca di risposte.

Raccontare qualcosa in più, oltre il prodotto

Quando è stato chiesto a Funkdesign.it di conferire una menzione speciale a uno dei partecipanti di Ricette di design (condite di cemento) non ho avuto dubbi. Il contest promosso da Food Design Stories in collaborazione con Cement Design invitava a sperimentare l’eco cemento nella realizzazione di oggetti per la tavola. Tra i dieci selezionati quello di Bonver Design sembrava raccontare qualcosa in più, oltre il prodotto. Ricerca, sperimentazione, progettualità, artigianalità, sostenibilità, le parole chiave di una vocazione innata.

Il momento giusto per iniziare un percorso comune

Un’amiczia lunga oltre trent’anni, studiano allo stesso liceo e decidono di iscriversi alla facoltà di Architettura. Intraprendono temporaneamente strade diverse, Beatrice architetto e interior designer, Riccardo Stefano giornalista scrive di finanza e di materiali innovativi in edilizia. Si ritrovano dopo circa 15 anni e decidono che è il momento giusto per iniziare un percorso comune nella vita e sulla via del design. Bonver Design, il loro progetto, è come una scatola che racchiude conoscenza storica, saper fare e progettualità. Per loro autorproduzione non significa rinunciare alla produzione industriale. È una libera scelta ma senza pregiudizi. È l’inizio.

“Spesso raggiungo le spiagge in riva al lago per recuperare materiali legnosi, radici, cortecce, tronchi restituiti alla terra dall’acqua. Sono incontri casuali. Vado in cerca di materiali dismessi nei cantieri e nella cascina dove viviamo e che stiamo recuperando. Così casse di vino diventano pareti attrezzate, comignoli diventano lampade, ante e porte di vecchie case diventano tavoli e tavolini“.

Riccardo Stefano Bonetti mi spiega così la propensione alle cose semplici, al desiderio innato di dare una seconda vita alle cose.

Una posizione di partenza olistica si, ma non solo teorica

Nella complessità di un sistema globalizzato e saturo, è questa visione concretamente naif che colpisce. La sperimentazione e la libertà da ogni preconcetto possono far divenire possibile ciò che sembra impossibile. Questo è ciò che sarà scritto sul loro sito. Una posizione di partenza olistica si, ma non solo teorica. Bonver Design parte dalla ricerca e sperimenta su basi progettuali. Nulla nasce dal semplice recupero o dal semplice assemblamento di materiali. Beatrice e Riccardo lavorano da soli, mettendo in campo abilità manuali, senza maestranze, senza artigiani, in una sorta di laboratorio cinquecentesco.

 

Comprendere la consistenza e l’essenza dei materiali naturali

Bonver Design rappresenta la volontà di comprendere la consistenza e l’essenza dei materiali naturali. Con la mente e con le mani. Esteticamente e strutturalmente. Sarà per questo che l’intero progetto vive in un’atmosfera da cantiere e ha fondamenta di cemento, materiale che offre molteplici possibilità e sempre da scoprire. Sono proprio quei gesti dell’architettura che vengono trasferiti nella produzione dei loro oggetti.

Siamo affascinati dall’arte povera di Burri. Come medardo rosso lavoriamo l’oggetto lasciando l’impronta delle mani, il gesto di cantiere, il gesto di stendere il cemento manualmente regala vita interiore al progetto, un po’ come nello scintoismo, nell’arte e nella cultura giapponese dove ogni oggetto ha un’anima dentro“.

Quel passo indietro necessario

Il ritorno all’artigianalità sembra essere quel passo indietro necessario. Riparare, ripristinare, risistemare le cose rotte, obsolete.

La filosofia del recupero è per me innata, se ci penso non sono passati molti anni da che nessuno ci dava retta, ora però sta diventando tendenza, forse effimera, forse di facciata. In questo contesto però Bonver Design può affermare la propria missione cercando di stabilire continuità e coerenza per il futuro“.

Beatrice Verga lavora da anni nell’ambito di studi multidisciplinari dove ha modo di soddisfare ogni curiosità. Sin dai tempi della tesi di laurea si spinge oltre per approfondire tematiche anche al di fuori dei confini di un settore. Indaga culture differenti attraverso il viaggio. Per lei l’oggetto deve essere poliedrico, deve potersi trasformare per assolvere a diverse funzioni.

Segni differenti

Sogno, progetto, brand, sono deifinizioni poco adatte per Bonver Design, che muove i primi passi. Le idee sono chiare, la capacità di evidenziare le potenzialità di un oggetto valorizzando le caratteristiche dei materiali naturali, porta ai nastri di partenza attraverso il lavoro artigianale senza escludere in futuro la riproducibilità industriale. La certezza sta nella scelta della materia, quella che racconta storie sempre nuove grazie alle naturali imperfezioni. Ogni oggetto deve e dovrà avere segni differenti.

Bonver Design si sta preparando per la prossima Milano Design Week 2020. Al Fuorisalone 2020 parteciperanno a due contest, Rilegno e il nuovo capitolo di Food Design Stories: The Food Box